Anna Annibali - Mattia Betti - Samuela Capellacci - Stefano Goffredo - Donata Luiselli - Arianna Mancuso - Mauro Marini - Antonella Penna - Milva Pepi - Laura Pezzolesi - Rossella Pistocchi - Eugenio Rastelli - Francesco Regoli - Fabio Ricci - Mara Simonazzi - Teresa Sani
La valutazione degli effetti che le attività antropiche e i cambiamenti climatici hanno sull’ambiente marino richiede l’attuazione di una serie di procedure per l’identificazione delle cause del degrado ambientale. Nel loro insieme queste procedure costituiscono il monitoraggio ambientale.
Gli strumenti convenzionalmente utilizzati nel monitoraggio ambientale si basano sulla rilevazione di parametri chimici e fisici della colonna d’acqua e dei sedimenti in specifiche unità di tempo e di spazio. Questo tipo di misurazioni fornisce importanti indicazioni sulla natura, l’origine e l’intensità delle alterazioni. Inoltre, analisi chimiche possono essere condotte su organismi marini (sia invertebrati che pesci) per caratterizzare la presenza e la biodisponibilità delle più importanti classi di inquinanti, per definire fattori biologici, ecologici ed ambientali che ne influenzano il bioaccumulo, l’eventuale trasferimento attraverso le reti trofiche marine, e, in ultima analisi, la valutazione del potenziale rischio per la salute umana correlato al consumo alimentare. La distribuzione degli inquinanti nella colonna d’acqua è notoriamente molto diversificata e le masse d’acqua sono in continuo movimento. Inoltre, i contaminanti possono presentarsi al di sotto dei valori soglia (se non addirittura della rilevabilità strumentale), e tuttavia i loro eventuali effetti additivi o sinergici possono rappresentare un pericolo per la funzionalità degli ecosistemi, per la salute degli organismi marini, e in ultima analisi per la salute umana.
Per questi motivi, la misurazione dei parametri chimico-fisici e della biodisponibilità è integrata dalla valutazione degli effetti che le alterazioni ambientali hanno sugli organismi, mediante lo studio di parametri o endpoints molecolari, cellulari, tissutali, o a livello di organismo che rendano conto dello stato di salute dell’organismo e degli eventuali meccanismi di risposta allo stress ambientale messi in atto. Questi meccanismi sono utilizzati come indici di stress o biomarker sensibili per evidenziare precocemente i primi segnali di esposizione a fattori di stress sia di natura chimica (es: esposizione a tossine naturali o ad inquinanti ambientali) che fisica (es: variazioni di temperatura, pH, salinità dell’acqua di mare). Le tecniche comprendono variazioni dell’espressione genica, attività di proteine coinvolte nei sistemi di biotrasformazione e detossificazione, stress ossidativo, genotossicità.
Considerando che i 2/3 della popolazione umana vivono entro 100 km dalla riva del mare, una efficace gestione delle zone costiere rappresenta una esigenza di fondamentale importanza. Nelle aree costiere, le interazioni tra gli aspetti ecologici, chimici, fisici e gli impatti antropici hanno dato luogo ad una situazione complessa, aggravata anche dalla convergenza di interessi diversi, spesso in contrasto tra loro. Nel Mar Mediterraneo, la complessità delle aree costiere e gli effetti delle attività umane sono stati affrontati soprattutto in relazione all'alto contenuto dei carichi di nutrienti e ai fenomeni di eutrofizzazione. Oltre al carico dei nutrienti, nel secolo scorso sono stati rilasciati contaminanti chimici come metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili (PCB), da parte di siti industriali localizzati in prossimità del mare, andando a costituire un grave problema anche una volta che questi stessi siti produttivi avevano concluso il loro ciclo vitale.
Le attività che saranno svolte presso il FMC si inseriscono in questo contesto e prevedono il monitoraggio delle aree costiere, incluse le aree costiere lagunari, con particolare riferimento all’area mediterranea. Tale attività di monitoraggio sarà effettuata sia tramite valutazioni di tipo microbiologico, per rilevare la presenza di patogeni (Escherichia coli, Enterobatteri, Enterococchi, Salmonella spp., Vibrio spp., etc.), sia applicando indagini di tipo ecotossicologico, per il rilevamento di parametri biologici (Vibrio fischeri , Phaeodactylum tricornutum , Brachionus plicatilis, oltre ad una analisi qualitativa e quantitativa di biomasse algali) e parametri chimico-fisici (T, pH, Eh, salinità, O2, CO2, C organico totale, nutrienti, N, P, S, metalli pesanti, contaminanti organici come IPA e PCB, rilevamento della intensità dei venti, composizione biochimica della materia organica, granulometria dei sedimenti, etc.).
Il fatto di applicare un approccio completo di monitoraggio per una certa area costiera e lagunare, permetterà di avere una visione ampia della situazione e di poter individuare anche aspetti connessi ai cambiamenti climatici. A tale scopo saranno effettuati saggi per individuare microrganismi coinvolti nei cicli biogeochimici fondamentali (C, N, S), con lo scopo di ottenere informazioni sull’andamento di tali processi di fondamentale interesse e poter rilevare eventuali aspetti connessi al cambiamento climatico.
Lo scopo dell’applicazione questo tipo di approccio per il monitoraggio, è quello di fornire un quadro ampio della situazione in aree costiere e in aree lagunari, per individuare potenziali siti con criticità e porre in essere eventuali interventi da parte di amministrazioni o enti preposti al mantenimento delle condizioni ottimali nelle aree in osservazione.
Area costiera di monitoraggio con stazioni di campionamento (da Margiotta et al., 2020 Marine Environmental Research in press)
Plastiche e microplastiche galleggianti sono un inquinante emergente e sono un substrato duraturo e persistente per il fenomeno di bioadesione di microrganismi e macrorganismi che consente la dispersione verso nuovi habitat. E’ già stato dimostrato per batteri, piante, microalghe tossiche e animali. Pertanto, le plastiche possono fungere da veicolo per l'ingresso delle tossine nella catena alimentare, nonché un potenziale vettore per la dispersione di specie alloctone e invasive. In particolare, è considerato il ruolo che rivestono le plastiche sia come vettori di inquinanti biologici nella catena trofica che come inquinanti stessi che possono modificare la diversità, il comportamento e la funzionalità della frazione planctonica (POM). Analisi molecolari di diversità, della componente planctonica sulle plastiche tramite approcci diretti di qPCR o metabarcoding evidenziano una comunità specie-specifica o plastisphere, presenza di microrganismi tossici e specie aliene e/o invasive. Il fitoplancton è studiato anche come indicatore dell’ inquinamento costiero da micro e nanoplastiche osservando le interazioni fisiche, cellulari e subcellulari del plancton con tali inquinanti.